Villa Ephrussi de Rothschild: un giardino che racconta il mondo
C’è un giardino, sulla Costa Azzurra, che non assomiglia a nessun altro. Non perché sia il più bello – la bellezza è sempre una categoria discutibile – ma perché è il più teatrale. Un giardino pensato come un gesto, come un’idea da mettere in scena. È quello che circonda la Villa Ephrussi de Rothschild, sul promontorio di Cap Ferrat in Costa Azzurra. E ogni volta che ci torno, ho la sensazione di entrare in un’opera d’arte totale, dove la natura, l’architettura, la musica e la storia personale dell’antica proprietaria si sovrappongono senza mai fondersi del tutto. I giardini della Villa Ephrussi sono il cuore simbolico di Cap Ferrat, un luogo dove natura e artificio si fondono in una visione estetica coerente.
Chi era Béatrice de Rothschild
La baronessa Béatrice de Rothschild non era una donna come tutte le altre. Nata nel 1864 a Parigi, appartenente alla storica dinastia bancaria Rothschild e sposa dell’eccentrico Maurice Ephrussi, fu una collezionista incallita, una mecenate raffinata e una visionaria con i mezzi materiali per realizzare i propri capricci. Amava l’arte, i viaggi, la botanica, i cavalli e il gioco d’azzardo. Dopo la separazione dal marito, trovò nel promontorio di Cap Ferrat il luogo perfetto per concretizzare la sua idea di bellezza assoluta: una villa-palcoscenico circondata da giardini onirici. La costruzione della villa iniziò nel 1905 e si concluse nel 1912.
Una casa-museo affacciata sul Mediterraneo
La villa, rivestita di un rosa zuccherino che oggi sarebbe giudicato kitsch se non fosse sostenuto da un progetto coerente, ospita una delle più raffinate raccolte di arti decorative del primo Novecento: porcellane Sèvres, mobili d’epoca, arazzi Gobelins, dipinti antichi scelti con occhio più da intenditrice che da semplice collezionista. Non c’è ostentazione: c’è un gusto spiccatamente francese per la mise en scène, per la composizione come narrazione.
Varcata la soglia, si ha l’impressione di entrare in una dimora pensata per essere vissuta come un’opera d’arte. Gli ambienti non si limitano a esporre: mettono in scena. Il salone delle porcellane, ad esempio, è una dichiarazione esplicita di appartenenza a quella civiltà dell’ornamento che nel Settecento ha raggiunto il suo apice.
Il linguaggio degli interni è eclettico, sì, ma mai confuso: si avverte la citazione, la filologia, e soprattutto il piacere colto — quasi autobiografico — di narrare se stessi attraverso le forme, i materiali, gli oggetti.
Il giardino alla francese: una nave ferma che viaggia
Ma è uscendo che inizia il vero percorso. Perché, a mio avviso, i giardini sono costruiti come un dispositivo narrativo.
Sette giardini tematici, sette variazioni sul paesaggio, sette atti di un dramma silenzioso. I giardini della Villa Ephrussi non sono una semplice appendice decorativa della casa, né una successione di quadri vegetali. Sono, dichiaratamente, un viaggio. La baronessa li concepì come un percorso simbolico attraverso mondi e culture diversi, ordinati lungo l’asse immaginario di una nave.
Avete letto bene. Una nave. Il giardino principale, quello alla francese, è progettato in forma di battello, con tanto di prua, ponti, tempietto neoclassico a prua (che funge da belvedere o da coffa dell’albero maestro) e fontane musicali, coreografate come se l’acqua fosse sospinta dal vento. Dicono che Béatrice obbligasse i giardinieri a vestirsi da marinai, e non ho difficoltà a crederlo: come ogni vero collezionista, era ossessionata dalla coerenza tra forma e pensiero.
Sette giardini, sette visioni del mondo
E se il giardino alla francese è la nave, allora gli altri giardini sono le tappe di un viaggio intorno al mondo. Ogni giardino tematico – italiano, giapponese, andaluso, lapidario, provenzale o esotico – è uno scalo in un porto diverso. Non sono rappresentazioni fedeli, naturalmente: sono evocazioni, simulacri poetici. Ma proprio per questo funzionano. Non servono a conoscere, ma a ricordare. Ricordare mondi immaginati, letti, sognati, desiderati.
Il giardino andaluso: patio, acqua e gelsomino
È un cortile chiuso sul mondo, dominato dall’acqua. Le ninfee, le arcate con le loro piante rampicanti – gelsomini, caprifogli, dature – evocano la Spagna idealizzata dell’Alhambra. Il patio centrale è attraversato da un canale , ombreggiato da pergole e archi ispirati allo stile mudéjar.
Il giardino italiano: una scenografia rinascimentale
Punto di equilibrio tra ordine e teatralità, è forse il più “architettonico” tra i giardini della villa. Al centro, una scalinata a ferro di cavallo imita le soluzioni scenografiche delle ville toscane del Cinquecento. I cipressi come colonne, le siepi di bosso potate, le terrazze a livelli richiamano la simbologia dell’uomo che domina la natura con eleganza. L’uso del pino domestico e dei limoni in vaso richiama la classicità mediterranea.
Il giardino provenzale: la semplicità della memoria
Modesto solo in apparenza, è un giardino profondamente sensoriale. Le piante aromatiche – lavanda, santolina, salvia, issopo, timo – non sono scelte per l’estetica, ma per la loro capacità di evocare l’infanzia rurale, la farmacia popolare, la cucina tradizionale. L’assenza di strutture architettoniche lascia spazio all’esperienza diretta del paesaggio olfattivo: si cammina tra profumi familiari, e il dolce ronzio degli insetti.
Il giardino lapidario: rovine e malinconia
Una raccolta di reperti: capitelli, colonne, fontane, architravi gotici, frammenti di arredi liturgici. Ci troviamo di fronte a una vera e propria mise en scène romantica della rovina. Le piante sono scelte per accompagnare la pietra senza sopraffarla: felci, edere, muschi, mirti nani. L’atmosfera evoca i cimiteri inglesi ottocenteschi e i giardini delle follie neogotiche. Un luogo per meditare sul tempo che passa e sulla bellezza che resta.
Il giardino giapponese: ponti, carpe e bambù
Costruito secondo i principi del giardino tsukiyama, si sviluppa intorno a una piccola collinetta artificiale e a un laghetto con carpe Koï. Gli aceri giapponesi, le camelie, i bambù nani disegnano uno scenario asimmetrico ma armonioso. Le lanterne in pietra e la sabbia rastrellata sono più che decorazione: sono strumenti di contemplazione. È il giardino del silenzio e della disciplina, dove ogni gesto ha un significato e ogni granello di sabbia una funzione.
Il giardino esotico: l’arte dell’aridità
Qui l’esuberanza botanica diventa scultura. Agavi, aloe, cactus monumentali, opunzie e euphorbie creano un paesaggio mineralizzato, severo e imponente. È un giardino che evoca i deserti del Messico o i giardini botanici di Tenerife. La luce intensa e le forme grafiche delle piante trasformano l’ambiente in un quadro astratto. Non c’è profumo, ma struttura; non c’è ombra, ma ritmo.
Il roseto: fragilità, eleganza e memoria
Il viaggio si conclude nel roseto affacciato sul mare. Le varietà di rosa coltivate — antiche, inglesi, rampicanti — sono scelte con un equilibrio sottile tra rigore botanico e inclinazione sentimentale. Ognuna ha il proprio profumo, il proprio ritmo di fioritura, la propria voce. Insieme costruiscono un ordine preciso, volutamente artificiale, che rivela la mano e il pensiero di chi lo ha immaginato. Il roseto è l’unico punto del giardino in cui la natura sembra più forte della scenografia. E invece è proprio lì che il controllo è massimo: nella scelta dei colori, dei periodi di fioritura, degli accostamenti.
È un giardino che parla di fragilità, ma progettato con una mano decisa. Mi fermo sempre lì. Perché il roseto, più degli altri spazi, tradisce un’emozione autentica. Le rose, lo sappiamo, sono simboli. Di purezza, certo. Di passione. Ma anche di ricordo, di desiderio di eternare qualcosa. Non mi sorprenderebbe scoprire che fosse il giardino più caro alla baronessa.
Una villa sulla Costa Azzurra per fermare il tempo
La Costa Azzurra si svela in mille sfumature, ma quella della Villa Ephrussi è la più letteraria, la più raffinata, forse anche la più malinconica. Perché dietro la perfezione di ogni aiuola, oltre il rigore di ogni dettaglio, si percepisce un desiderio – vano, ma profondamente umano – di arrestare il corso del tempo.
A Cap Ferrat, la Villa Ephrussi e i suoi giardini non sono solo un’eredità aristocratica, ma un manifesto di bellezza costruita, pensata e messa in scena come un’opera d’arte totale.
La Villa Ephrussi è solo uno degli esempi di residenze straordinarie lungo la Costa Azzurra, un territorio che ha visto la nascita di luoghi dove eccentricità e grandezza si sono fuse con il paesaggio. Il Castello della Napoule, ad esempio, racconta la storia di un’artista come Henry Clews, che lo ha trasformato in uno spazio ricco di arte e storia, un luogo che non si limita ad essere una dimora, ma un’espressione di vita e visione. Altre dimore della riviera, ciascuna unica nella sua originalità, continuano a raccontare di queste personalità indimenticabili.
Buono a sapersi:
Dal 14 luglio al 26 agosto 2025, ogni lunedì e martedì, la Villa e i giardini Ephrussi de Rothschild di Cap Ferrat aprono le porte per le Nocturnes de la Villa. Dalle otto di sera a mezzanotte, i giardini, illuminati dalle candele, ospitano spettacoli di musica, danza e letture.
5 Responses
Sono stata diverse volte in Costa Azzurra eppure non conoscevo questa villa. Tra l’altro adoro visitare ville e giardini: devo assolutamente andare a vederla appena possibile.
Avevo delle informazioni su questa residenza ma non sapevo fosse così bella! Il Giardino mi ricorda molto uno simile che è a Ischia, La Mortella. Anche la proprietaria era una personalità eccentrica come la Baronessa De Rotschild!
Ho in sospeso un viaggio in Costa Azzurra dall’anno scorso: devo assolutamente aggiungere questa villa con i suoi giardini al mio itinerario! Sai che amo questi luoghi storici e questa mi è piaciuta tantissimo leggendo il tuo articolo!
Trovo che sia tremendamente affascinante la Belle Epoque! Quando andrò in Costa Azzurra cercherò di non perdermi la visita di questa magnifica villa e giardini!
Siamo stati a Cap Ferrat ma non sapevo di questi giardini! Che peccato, mi sarebbe piaciuto davvero molto vederli. Spero nel prossimo road trip in territorio francese…